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A Palazzo Grassi, visitabile fino al 6 gennaio 2025, ha inaugurato la mostra Ensemble di Julie Mehretu, curata da Caroline Bourgeois. Per quanto si tratti di una gigantesca mostra dedicata alla Mehretu, Ensamble richiama la presenza in mostra di altri artisti ( Nairy Baghramian / Huma Bhabha / Tacita Dean / David Hammons / Robin Coste Lewis / Paul Pfeiffer / Jessica Rankin).
“Insieme” come esperienza del proprio vissuto, l’artista sottolinea spesso come il suo lavoro abbia incrociato fin dall’inizio la dimensione collettiva ed il rapporto con altri autori, ma anche come scelta politica rispetto alla singolarità eroica dell’artista narrata dalla modernità, tanto da creare studi condivisi, spazi di relazione, opere, appunto in dialogo. Questo approccio non solo si manifesta nelle opere esposte, ma anche nel testo che accompagna la mostra e nella cronologia degli eventi artistici, che tratta gli artisti coinvolti senza distinzioni, sovrapponendone gli eventi, le mostre, le biografie.
Comunità, in questo caso, anche di destino visto che quasi tutt@ hanno vissuto la necessità/scelta del trasferimento dalla terra d’origine, sia essa l’Etiopia, l’Iran o il Pakistan. Una generazione della post decolonizzazione, che ha conosciuto il fallimento dei quella modernità.
Andiamo per punti:
Julie Mehretu, Desire was our breastplate, 2022-2023, Pinault Collection.
Installation view, “Julie Mehretu. Ensemble”, 2024, Palazzo Grassi, Venezia. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi, Pinault Collection
1.
Di pittura astratta parliamo. Chi va alla mostra e non conosce bene la Mehretu troverà giovamento nel vedere nella prima sala cinema il documentario in cui si racconta. La descrizione della complessità della realizzazione della sua opera grafica, che ritroviamo per fortuna nelle didascalie che rifuggono la definizione di tecnica mista (citando invece litografia, acquatinta, calcografia e spesso tutte assieme), con il numeroso gruppo che prova e riprova assieme a lei le varie tecniche, il racconto di una sua gigantesca opera di cui ci illustra le fonti, veder realizzarsi la sovrimpressione di immagini da cui partono alcune sue tele, permettono di guardare con più comprensione il suo lavoro.
Una pittura che è stratificazione, non materica ma di segni che si sovrappongono, giocano a riemergere, richiamano ad altro, allundono a esperienze creando mappe che appaiono nel loro intrecciarsi, non in superfice né nello sfondo, in mezzo.
Julie Mehretu, TRANSpaintings, 2023-2024, Courtesy of the artist and White Cube. Installation view, “Julie Mehretu. Ensemble”, 2024, Palazzo Grassi, Venezia. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi, Pinault Collection
2.
Arte politica. Che una macchia di color rosso richiami il percorso dell’esodo ebraico, che lo sfondo sia rielaborazione/sovrapposizione di profili dei palazzi del potere che vengono esplorati ossessivamente e sommersi da tracce, segni, pennellate ad indagare la rivoluzione egiziana, che sia la sovrapposizione di foto di carceri l’oggetto è una visione politica. Non è poi così banale come l’abbiamo descritta. Non si tratta solo di prendere qua e la dei simboli e incastrarli nella rete della tela, altrimenti si tratterebbe semplicemente di armarsi di pazienza e decifrare le molte citazioni per risolvere il rebus della mappa e trovare il significato. La Mehretu, invece, nell’accumulo di segni, documenti e tracce d’eventi stratifica una sua semiotica per raccontare le migrazioni, le dittature, le disuguaglianze. Tale accumulazione si completa con la pittura a mano posta dall’artista, creando uno spazio nuovo e autosufficiente, con una narrazione alternativa che crea le condizioni per una critica politica che può essere condivisa.
Julie Mehretu, (from left to right), Sun Ship (J.C.), 2018, Pinault Collection, Loop (B. Lozano, Bolsonaro eve), 2019-2020, Pinault Collection.
Installation view, “Julie Mehretu. Ensemble”, 2024, Palazzo Grassi, Venezia. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi, Pinault Collection
3.
Evoluzione di sguardo. Le opere esposte riprendono 25 anni di attività della Mehretu e, pur nella continuità sostanziale, lasciano intendere con evidenza differenze stilistiche e d’approccio dell’artista. Banalmente il monocromatico che poi si colora e poi si riprende. L’idea di abbandonare il muro nella serie dei Transpainting, realizzati con strutture scultoree che li reggono realizzate dall’artista Nairy Baghramian.
I palazzi che trasudano la loro storia, le immagini di eventi drammatici della contemporaneità tanto modificate, sovrapposte, sfocate da scomparire, fino alla trasparenza che, opaca, non trasmette luce né nasconde un fondo segnano la mutazione dello sguardo rispetto al dramma che perdura, alla sua riflessione che matura, alle nuove emergenze. Il tutto sulle tracce dei titoli delle opere che, sempre dal video introduttivo di cui dicevamo, scopriamo essere una parte dell’opera, scelti con cura sia che parlino di finanza che di sfruttamento.
Julie Mehretu, Your hands are like two shovels, digging in me (sphinx), 2021-2022, Courtesy of the artist and White Cube. Installation view, “Julie Mehretu. Ensemble”, 2024, Palazzo Grassi, Venezia. Ph. Marco Cappelletti © Palazzo Grassi, Pinault Collectio