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Perché adesso tutti gli artisti concettuali stanno dipingendo?
Perché è una buona idea
Da domenica 8 aprile 2018 a Palazzo Grassi viene presentata ‘Cows by the Water’, la mostra personale di Albert Oehlen (1954, Krefeld, Germania) nell’ambito del programma delle monografie di artisti contemporanei – inaugurato a Palazzo Grassi nell’aprile 2012 con Urs Fischer e proseguito con Rudolf Stingel, Irving Penn, Martial Raysse, Sigmar Polke e Damien Hirst – alternate a esposizioni tematiche della Pinault Collection.
Curata da Caroline Bourgeois è la più grande mostra italiana di questo artista. Tante opere, tanto spazio, un allestimento curato nel dettaglio.
Dopo Hirst e il suo straordinario naufragio, un altro tipo di mostra. Se vogliamo più convenzionale, non tradizionale.
Se qualcuno ha avuto la pazienza/piacere di leggere qualcosa del nostro sito sa che stiamo fuori dai nostri canoni. Non abbiamo mai parlato, crediamo, di arte astratta. Ma Oehlen pure non ne parla, la pratica eppure se ne stacca. Non è facile collocarlo in breve, con poche parole definitorie.
Non parleremo qua del suo rapporto con S. Polke, suo maestro, perché già tutti ne scrivono. Nel pertugio tra celebrazione o condanna dell’immagine come predominante della cultura contemporanea noi siamo già schierati. E poi il buon Oehlen un po’ s’ispira e un po’ si stacca dal suo maestro e pure dal caro Kippenberger, di cui è stato amico.
Però risulta un frutto del turbamento dei 60/70, s’arrangia nel punk e nelle musiche sperimentali successive. Non sa suonare, ma discute, collabora e vive una scena artistica e musicale straordinaria. Vive la musica, vive il punk, le sperimentazioni di Brian Eno – strategie oblique all’epoca – e poi jazz e techno.
Le opere in mostra stanno a dire dell’insicurezza. A partire dal materiale. A volte troviamo espressioni formali riprese anni dopo, nella stessa stanza vediamo lavori di decenni diversi, visti e rivisti, lasciati e rielaborati. Messi a fianco senza alcuna corrispondenza cronologica e magari fatti con materiali diversi. Acrilico, olio ecc.
E’ difficile trovare un unico filo conduttore. in fondo Oehlen è stato sì influenzato da Polke, ma è passato per il surrealismo, apprezza de Kooning e persino l’essersi trasferito in Spagna lo ha portato a tonalità più calde nella pittura. Tutto questo è ripreso e interiorizzato dall’artista. Citato o rivisto e rielaborato, magari nella stessa opera o in opere di anni anche molto lontani.
Certo è che lo sfondo da cui si parte è spesso figurativo. S’intravede un qualche soggetto, una lettera a volte un numero se non un ramo o un volto. E da qui ci s’allontana coprendo, con colori corposi, trasfigurando e spezzando la traccia figurativa iniziale. Ciò che si ripete, e può quindi essere una caratteristica, è l’allontanamento attraverso la dissoluzione della figurazione e del soggetto, che non si può dire progressivo perché appunto non c’è linearità,
La curatrice dice c’è un ritmo musicale che è la passione che ha accompagnato l’autore. La mostra non ha senso temporale, ma musicale. D’altra parte in tutto il pellegrinare sentiamo una musica tecno di sottofondo. Poi si entra in una stanza dedicata, ma altrettanto potremmo dire di Basic Instinct proiettato su una tela con un suo lavoro impresso.
Ed il modus è un po’ musicale. Non è detto che subito s’azzecchi il suono giusto. Non è detto che tu lo debba fare da solo. L’importante è un metodo e su questo Oehner insiste anche in interviste recenti.
Dunque 40 anni fa abbandona il figurativo, anche se qua abbiamo ogni tanto degli autoritratti (ps. Rispetto Dancing with myself qui sono proprio autoritratti classici), abbraccia l’uso del computer e l’utilizzo del metodo del collage e del montaggio lo spingono verso una contemporaneità problematica.
Un percorso eccentrico, che se certo inizia con Polke, poi esce dagli schemi. Prova e riprova, non s’adatta al normale trascorrere del tempo. Ne sceglie uno proprio, può rendere contemporanea un’opera di 20 anni fa proseguendone la riflessione. Non ha problemi ad essere astratto. Sfida anche noi. E gliene siamo grati.
google translate (soon the real one)
Why are all the conceptual artists now painting?
Because it’s a good idea
From Sunday 8 April 2018 at Palazzo Grassi, ‘Cows by the Water’, the personal exhibition of Albert Oehlen (1954, Krefeld, Germany) is presented as part of the program of monographs by contemporary artists – inaugurated at Palazzo Grassi in April 2012 with Urs Fischer and continued with Rudolf Stingel, Irving Penn, Martial Raysse, Sigmar Polke and Damien Hirst – alternated with thematic exhibitions of the Pinault Collection.
Curated by Caroline Bourgeois is the largest Italian exhibition of this artist. Many works, lots of space, an exhibition curated in detail.
After Hirst and his extraordinary shipwreck, another type of exhibition. If we want more conventional, not traditional.
If someone has had the patience / pleasure to read something about our site, knows that we are outside our canons. We never talked, we believe, about abstract art. But Oehlen also does not talk about it, the practice and yet it comes off. It is not easy to place it in short, with few definitive words.
We will not speak here of his relationship with S. Polke, his teacher, because everyone already wrote about it. In the gap between celebration or condemnation of the image as predominant of contemporary culture we are already lined up. And then the good Oehlen was a little ‘inspired and a little’ detached from his teacher and also from the dear Kippenberger, of which he was a friend.
But it is a result of the agitation of the 60/70, he made do in punk and later in experimental music. He couldn’t play, but he discussed, collaborated and lived in an extraordinary artistic and musical scene. Music, punk, experiments by Brian Eno – oblique strategies at the time and then jazz and techno.
The works on exhibition talk about insecurity. Starting from the material. Sometimes we find formal expressions resumed years later, in the same room we see works of different decades, seen and reviewed, left and reconsiderated. Put side by side without any chronological correspondence and perhaps made with different materials. Acrylic, oil etc.
It is difficult to find a single common thread. after all, Oehlen was influenced by Polke, but he went through surrealism, appreciated de Kooning, and even having moved to Spain brought him to warmer shades in painting. All this is taken up and internalized by the artist. Quoted or revised and reworked, perhaps in the same work or in works of years even very distant.
What is certain is that the background from which one starts is often figurative. Some subject can be glimpsed, a letter sometimes a number but a branch or a face. And from here we move away covering, with full-bodied colors, transfiguring and breaking the initial figurative. The removal, which can not be said to be progressive because there is no linearity, from the figuration and from the subject is one of its characteristics, we believe.
The curator says there is a musical rhythm that is the passion that accompanied the author. The exhibition has no temporal but musical meaning. On the other hand, throughout the pilgrimage we hear a techno music in the background. Then you enter a dedicated room, but we could say the same of Basic Instinct projected onto a canvas with his imprinted work.
And the modus is a bit musical. It is not certain that the right sound is immediately blown away. It is not said that you should do it alone. The important thing is a method and on this Oehner also insists in recent interviews.
So 40 years ago abandons the figurative, even if here we sometimes have self-portraits (ps Respect Dancing with myself here are just classic self-portraits), embraces the use of the computer and the use of the collage and assembly method push him towards a problematic contemporaneity.
An eccentric path, which certainly starts with Polke, then goes out of the box. Try and try again, do not adapt to normal spending time. He chooses one of his own, which is not ashamed of not being progressive, can make a work of 20 years ago contemporary, continuing its reflection. It has no problems to be abstract. We challenge too. And we are grateful to him.