italian/english version
A proposito di biennale s’è già scritto di tutto. Ci sono le riviste più o meno ufficiali, i siti, i singoli post sui vari social. Con molti siamo concordi, non abbiamo molto da aggiungere, forse potremmo dire con chi siamo in disaccordo, ma non ne vale la pena.
Il trofeo di maggior prestigio, per noi, è che sul post che abbiamo scritto su Damien Hirst abbiamo probabilmente azzeccato le indicazioni su dove andare a bere a Venezia, poiché gli stessi posti li abbiamo trovati nei consigli per poveri della stampa ufficiale.
Abbiamo pensato, quindi, di scrivere qualcosa su quello che nessuno legge, che tutti scrivono sapendo che nessuno mai leggerà, ovvero i fogli/libretti che si trovano in distribuzione nei padiglioni/eventi. Non sono cataloghi, sono una sorta di biglietto da visita, di presentazione dell’artista e del padiglione/evento. Un po’ il suo volto. Che abbiamo deciso di guardare per vedere quanto risponda la maschera al vero viso. Anche perché ne abbiamo noi per primi raccolti a centinaia, forse migliaia, e pure ne abbiamo fatti, distribuiti.
E c’è subito qualcosa che salta all’occhio: la differenza tra chi è molto sicuro di sé e chi è invece un po’ meno certo che un domani il proprio lavoro passerà da altri mezzi che non il piccolo cartoncino che lascia posato all’ingresso. I primi si buttano su cataloghi da 20/40 euro, esterni a quello complessivo della biennale, e possono darti un foglio A4, che tanto chi deve sapere già sa. Gli altri si sbizzarriscono e investono.
Ne facciamo una piccola, incompleta, rassegna. Diciamo che ne prendiamo uno per tipo di tutti quelli che abbiamo raccolto e catalogato.
Fuori dal confine:
Per noi, tra gli eventi collaterali vince Hong Kong: songs for disaster relief – Samson Young. Il lavoro si concentra sui charity singles, che ebbero grande diffusione negli anni 80, contraddittoriamente e contemporaneamente alla nascita di neoliberismo e dell’industria culturale. Sia chiaro di nuovo qua si parla di libretti e presentazioni, relativamente poco dell’opera presentata. Ci siamo inteneriti leggendo che i curatori vogliono “passare la torcia dell’arte di H.K. alle nuove generazioni”.
Se è vero quanto diciamo, chi ha letto, a parte noi questo testo? Di certo il libretto, di un bell’arancione fosforescente, ripreso dai testi in italiano che ben contrastano con il blu virato al nero del testo inglese, fa un buon effetto. I francesi, infatti, che sempre tendono alla grandeur, nel padiglione hanno fatto un’ottima e patinata rivista, ma solo in francese. Oppure quella in francese è restata lì e quella in inglese è finita.
Il castello:
Il potere si vede dispiegato, ostentato, al padiglione tedesco. Anne Imhof e il suo Faust ci accolgono con un catalogo da 30 euro e un foglietto. Una signorina ben vestita tiene il chiosco dove puoi comprare il primo o essere disprezzato se prendi il secondo. Notate che all’inaugurazione il lavoro ci è molto piaciuto. Si tratta di straniamento: “sopra noi, sotto noi… tra fluidi e cristalli, corpi individuali e corpi in gruppo si muovono tra capriccio e violenza, resistenza e libertà” (dice il foglietto) .Fuori, nel luogo di nessuno, i cani fanno la guardia alla casa/padiglione/istituzione/stato. Musica smorzata o lanciata, regolata dai performer o regolante la loro attività. “La cattiva salute non è una punizione divina, ma un segno di fallimento, poiché i corpi diventano capitale e i soldi la moneta per ogni cosa, nella razionalità del Mercato.” La resistenza è nell’associazione dei corpi,
A parte che chi segue il nostro blog avrà letto concetti analoghi (ma forse anche il nostro blog assomiglia a questi foglietti ), non possiamo non rilevare che non c’è più nessun cane di fronte al padiglione tedesco. Cioè siamo di fronte a una struttura in cui una volta s’ è tenuta la performance, nel suo completo dispiegarsi, motivo della giusta vittoria del Leone d’oro. Il resto sono rappresentazioni parziali, che dicono di un certo disinteresse per il pubblico, del cui corpo gettato nel capitale comunque si parla. Mettiamo uno spettatore medio: Si trova con una mostra che costa 25 euro, è aperta dalle 11 alle 17.30. Fa un’ora di fila al padiglione. Entra e si siede e aspetta. Vedrà se va bene una mezz’ora delle 4 ore di cui è composta la performance, magari senza i corpi sopra o sotto ecc. Oppure decide che 25 euro sono una cifra adeguata per vedere solo il padiglione tedesco e bivacca li. Non c’è stata, insomma, una rielaborazione della performance/installazione, con un suo testo, per la fruizione pubblica. Chi ci va ora, a parte repliche comunque in previsione, legge il ricordo e vede un piccolo pezzo dell’inaugurazione.
un altro esempio: i NATIVI DI ALLTO, DI NATHANIEL MELLORS ED ERKKA NISSIENEN, nel
padiglioncino Finlandese producono quella che descrivono come “un’opera irriverente, con video e struttura animatronica… immagini in n3d, animazioni con fermo immagine disegnate a mano per affrontare vari temi come nazionalismo, xenofobia, burocrazia e intolleranza”. Evviva. Se non che proprio il loro libretto è ben poco irriverente o scherzoso ma di un bel cartoncino costoso, con un elegante piega orizzontale a fisarmonica, studiato nella grafica e addirittura con due fori circolari molto chic. Consigliamo di certo di vederlo, ma certo è uno stacco enorme tra il volto e l’anima, alla Dorian Gray, il cartoncino è molto diverso dall’opera che descrive.
Al di là dal fiume e tra gli alberi:
E poi, se t’incammini al treno, ma vuoi prendere un ultimo spritz con un cicchetto capita ti fermi all’osteria da Codroma. Entri e quelle foto ai muri sono promosse da una cartolina. Porca miseria! la mostra si chiama placenta, di Yuki Seli. Pure la mostra in osteria ha una curatrice e una agenzia di pubblicità di Milano. Se spendi a sufficienza (2 spriz) hai in dono un foglietto e scopri che stiamo parlando di “luce, bellezza, animo umano, nascita” attraverso la fotografia del vetro di murano grezzo, prima della lavorazione o dopo lo scarto. Certo, pure qua, non poteva mancare il confine, border, e qualche margine. Che assieme a corpo sono forse le parole più usate in questi libretti.
Ciò che non siamo, ciò che non vogliamo
Potremmo continuare con la Fanzine Serba, con l’Australia che ha un libretto più interessante della mostra ecc. ma non è questo il senso. Abbiamo scritto del non letto, del mai censito. Abbiamo visto che spesso non c’è corrispondenza tra questi testi e quello che dovrebbero descrivere, almeno per noi. Ma è una questione generale. Leggete, ad esempio, le didascalie dentro le mostre. Pure siamo complici perché abbiamo rilevato che molti testi somigliano a quello abbiamo scritto.
Forse vale la pena prenderle come opere almeno parzialmente autonome, poiché sembrano le ninfee di Kant, fenomeno in qualche modo legato al fondo, alla cosa in sé, che ha tre possibilità : essere impossibile da raggiungere, oppure può essere inutile cercare una relazione tra i fiori in superficie e la loro radice sul fondo, o ancora possiamo sperare che ci sia un rapporto tra i due. Noi crediamo nella terza opzione, ma come atto d’estrema fiducia.
Alla fine, pure Kant mai ha pensato che, qualunque ne siano le radici, comunque le ninfee fioriscono.
english version
About the biennial everyone has already written about everything. There are magazines(more or less official), sites, individual posts on various internet socials. With many we are in agreement, we do not have much to add, maybe we could say with whom we disagree, but it is not worth it.
The most prestigious trophy for us is that on the post we wrote about Damien Hirst we probably got the right directions on where to drink in Venice, because we found the same places in the official press councils.
So we thought to write something on what no one reads, but all write knowing that no one will ever read, that is, the sheets / booklets that are in distribution in the halls / events. They are not catalogs, they are a sort of business card, presentation of the artist and the pavilion / event. His face. We decided to look to see how much the mask responds to the real face. Also because we have first collected hundreds, maybe thousands, and we have done it, distributed.
So we thought to write something on what no one reads, but all write knowing that no one will ever read, that is, the sheets / booklets that are in distribution in the halls / events. They are not catalogs, they are a sort of business card, presentation of the artist and the pavilion / event. His face. We decided to look to see how much the mask responds to the real face. Also because we have first collected hundreds, maybe thousands, and we have done it, distributed.
And there is something that which really stands out: the difference between those who are very confident and who is somewhat less certain that in tomorrow his work will go known by other means than the small card that is left to the entrance. The first ones has 20/40 euro’s catalogs, outside the overall biennial, and they can give you an A4 sheet, because who have to know already knows. The others study the text and invest about.
Let’s make a small, incomplete review. Let’s say we take one for each of those we have collected and cataloged.
Outside the border: For us, for the side events wins Hong Kong: songs for disaster relief – Samson Young. The work focuses on charity singles, which were widely spread in the 1980s, contradictory and contemporary at the birth of neoliberalism and cultural industry. Let’s be clear here again we talk about booklets and presentations, relatively little of the work presented. We got soften by reading that curators want to “pass on the H.K.’s art torch to the new generations “.
If it is true what we say, who has read, apart from us, this text? Certainly, the booklet, of a beautiful orange phosphorescence, taken from the Italian texts, which contrasts well with the black blue of English text, makes a good effect. The French, who always tend to grandeur, in the pavilion have made a great and skinned magazine, but only in French. Or the one in French has remained there and in English was over.
The castle:
Power has been seen deployed, ostentatious, at the German pavilion. Anne Imhof and his Faust welcome us with a 30 euro catalog and a leaflet. A well-dressed young lady holds the kiosk where you can buy the first one or be despised if you take the second. Note that at the work opening we really liked it. This is a estrangement: “above us, under us … between fluids and crystals, individual bodies and bodie groups move between whim and violence, resistance and freedom” (says the leaflet). Outside, in a no place, dogs are guarding the house / pavilion / institution / state. Smooth or launched music, set by performers or controlling their activity. “Bad health is not a divine punishment, but a sign of failure, as bodies become capital and the money the coin for everything, in the rationality of the Market.” Resistance is in the association of bodies,
Someone who follow our blog will have read similar concepts (but maybe our blog resembles these little notes), we note that there isn’t more dog in front of the German pavilion. That is, we are faced with a structure where the performance is kept only iùat the inauguration in its full deployment, the cause of his just victory of the Golden Lion. The rest are partial representations, which say of some disinterest for the public, that whose body thrown into capital is here spoken. Let’s take an average viewer: It’s with an exhibition that costs 25 euros, is open from 11am to 5.30pm. It’s an hour in a row at the pavilion. Enter and sit and wait. He’ll see half hour of the four hours of performance, maybe without the bodies above or below, and so on. Or he decide that 25 euros is a just cost to see only the German pavilion and knock them out. There wasn’t, in short, a re-elaboration of the performance / installation, with its own text, for public enjoyment. Whoever goes there, apart from reply, reads about the souvenirs and sees a small piece of the inauguration.
For example NATIVI DI ALLTO, BY NATHANIEL MELLORS AND ERKKA NISSIENEN, in the little Finnish pavilion produce what they describe as “irreverent work, with videos and animatronic structure … images in 3d, animated images with hand-drawn image to address various themes such as nationalism, xenophobia, bureaucracy and intolerance.” Hurray. But their booklet is not irreverent or joking, but is made by a pretty expensive cardboard with an elegant horizontal accordion bend, a studied graphics and even with two very chic circular holes. Certainly we recommend to see it, but surely there is a huge gap between the face and the soul, like Dorian Gray: the cardboard is very different from the work it describes.
Across the River and Into the Trees:
And then, if you are going to the train, but you want to take a last spritz with a appetizer, stop at Codroma tavern. Enter and those photos on the walls are promoted by a postcard, holy shit ! The exhibition is called Placenta, by Yuki Seli. Also This exhibition in the inn has a curator and an advertising agency in Milan. If you spend enough (2 sprizs) you have a leaflet and find that we are talking about “light, beauty, human soul, birth” through the photograph of a murano’s raw glass, before workmanship or after the scrap. Of course, even here, he could not miss the border, border, and some margin. That, together with body are perhaps the most commonly used words in these booklets.
on exibart
What we aren’t, what we don’t want:
We could continue with the Serbian Fanzine , with Australia that has a more interesting booklet of the exhibition etc. But Isn’t that the point . We have written about the unread, the never registered. We’ve seen that there is often no correspondence between these texts and what they should describe, at least for us. But it is a general matter. For example, read the captions inside the exhibits. We are complicit because we found that many texts resemble what we wrote.
Maybe it’s worth taking them as works in themselves, as they resemble Kant’s water lilies, somehow related to the bottom, to the thing in itself: than is impossible to reach, or we may find it useless to look for a relationship between the flowers on the surface and the their root on the bottom, or we can hope there is a relationship between the two. We believe in the third option, but as a act of extreme confidence.
But Kant never thought anyway, that whatever the roots, even the water lilies bloom.